Chiesa Madre

La Chiesa Matrice si presenta come un centro ideale a cui fanno da corona decine di palazzi e di chiese del centro storico di Mesagne. Soggetta nel tempo a varie modifiche, l’attuale costruzione è stata progettata nel 1650 dal sacerdote mesagnese Francesco Capodieci, dal frate Francesco da Copertino e dal chierico mesagnese Antonio Leugio. E’ una chiesa a croce latina, ad unica navata. Il prospetto è composto da tre ordini architettonici, sormontati da un timpano: il primo è costituito da sei pilastri di ordine ionico, nei cui interspazi vi sono quattro nicchie con quattro apostoli. Il cinquecentesco portale maggiore è sostenuto da quattro colonnette doriche, con capitello corinzio. E’ sormontato dalle statue di S. Oronzo, di Anthia e Corebo. Il secondo ordine è di tipo corinzio e tra le sei lesène, che continuano quelle del primo ordine, vi sono altri quattro apostoli. Il terzo ordine è di tipo composito e contiene le statue di altri quattro apostoli. Al centro vi è un bassorilievo rappresentante la Madonna del Carmine. Nel timpano vi è lo stemma di Mesagne in bassorilievo; sopra il timpano vi sono quattro angeli che facevano ala alla statua del Cristo, andata distrutta da un fulmine sul finire dell’Ottocento.

La chiesa era stata costruita sulla cappella bizantina di S. Nicola Vetere, nel X secolo e si tramanda che fosse stata dedicata, in quel periodo, ai tre Santi: Eleuterio, Anthia e Corebo. Attorno al 1450, come afferma lo storico Mannarino, fu ristrutturata e dedicata a “Tutti i Santi”. Intorno al 1580 fu nuovamente ristrutturata, a spese dell’Università, per impulso del vescovo mesagnese Lucantonio Resta. In quell’occasione fu probabilmente riorientata ad est, mentre prima l’ingresso era ad ovest, dalla parte del Castello.

Il 31 gennaio 1649 la chiesa crollò e fu poi ricostruita tra il 1650 e il 1660.

Le raffigurazioni dei dodici apostoli furono realizzate nella cerchia dei ‘mastri’ salentini operanti nella fabbrica della collegiata a partire dagli anni Cinquanta del Seicento che i referti documentali indicano in Salvatore Miccoli, Gianmaria Biasi e Domenico Capozza. Tra le colonne sono racchiuse le cappelle poco profonde, dotate di altari in pietra. La quadreria comprende: Gesù caccia i mercanti dal tempio, XVIII sec. di Domenico Pinca; Madonna con bambino e Santi di ignoto pittore meridionale del XVIII sec.; Assunzione di Maria di Saverio Lillo;Visitazione, S. Nicola di Mira e S. Eligio (o Agostino) di ignoto pittore meridionale inizio XVIII sec; Pentecoste, Ultima CenaeMartirio di S. Pietro Apostolo di Domenico Pinca;Trinità con Maria Vergine, S. Michele Arcangelo ed anime purganti di ignoto pittore meridionale; Madonna del Carmine di Giuseppe Bonito del XVIII sec.;Adorazione dei pastori di Gian Pietro Zullo, Andrea Cunavi e Domenico Pinca; S. Oronzo vescovo e martire di ignoto pittore salentino. La statuaria: Cristo Risorto di ignoto cartapestaio salentino del XVIII sec.; S. Cuore di Maria di ignoto cartapestaio salentino fine sec. XIX – inizio XX; fonte battesimale di Nicola Carletti, Pasquale e Pietro A. Sebastiani; S. Cuore di Gesù di Francesco Giancane; Madonna della Luce di Antonio Maccagnani; Cristo Crocifisso di ignoto intagliatore italiano della seconda metà del secolo XVII. Altre opere sacre presenti di notevole spessore sono: la campana, mastro fusore G. Maria Cupito da Messina (1611); coppia di bussole laterali, orchestra in legno di noce, porta del succorpo e pulpito in legno di noce intagliato, policromo 1774 di Nicola Carletti, Innocenzo Rizzo, Giuseppe e Rocco Leopardi; coppia di acquasantiere pensili, balaustrata, altare maggiore di marmi policromi, scolpiti, 1770 di Nicola Carletti, Pasquale e Pietro Antonio Sebastiani; Angelo Reggifiaccola di Giuseppe Pagano; coppia di candelieri da muro in legno intagliato, dorato, policromo di ignoto intagliatore salentino; decorazione a stucco sull’arco trionfale con firma autografa di Pasquale Faiella capo degli stuccatori del ‘700.